Roma. “Le cose sono andate completamente storte e siamo sull’orlo del collasso”, insiste Matteo Bifoni, sindaco della città toscana di Prato. Il socialdemocratico era responsabile del trasferimento dei comuni italiani ad Annecy e conosceva quindi la situazione nei comuni. “Non importa a chi chiediamo, al nord o al sud, tutte le comunità ci raccontano le estreme difficoltà che incontrano nell’accogliere gli immigrati assegnatici dal governo federale”, dice Bifoni. Infatti, rispetto allo scorso anno, il numero delle persone che hanno bisogno di trovare riparo è raddoppiato: al 24 agosto, secondo i dati del Viminale, erano arrivati in Italia 106.000 passeggeri di imbarcazioni. 52.000 contemporaneamente nel 2022, 37.000 nel 2021.
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Biffoni sottolinea che le strutture di accoglienza esistenti hanno ormai raggiunto da tempo i limiti delle loro capacità nella maggior parte delle società. Nelle singole città, le persone sono ospitate in palestre o tende. Una “emergenza nell’emergenza” sono i minorenni immigrati che arrivano senza i genitori e necessitano di cure particolari, insiste il sindaco di Prato. Quest’anno il loro numero è salito a 20mila: mancano non solo gli alloggi, ma anche il personale. Biffoni accusa il fallimento del governo di destra di Giorgia Meloni: “Siamo all’offensiva, ma da Roma finora non abbiamo avuto risposta, non è successo nulla”. Anche Luca Zaia, presidente della Regione Veneto e deputato della Lega che governa a Roma, parla di “situazione preoccupante”. Esiste il rischio che i migranti non possano più essere accolti in modo dignitoso.
Solo gesti simbolici
Raddoppiare il numero dei rifugiati è un fardello pesante per il primo ministro Georgia Meloni, che lo scorso settembre ha preso l’impegno di arginare “l’invasione di immigrati clandestini”: il governo di destra sta fallendo nella sua sostanza. Un problema tra tutte le cose. Sotto crescente pressione, la Meloni ora ricorre a gesti simbolici per dare almeno l’impressione che il governo stia facendo qualcosa per fermare l’afflusso di boat people: nei giorni scorsi il Ministero dell’Interno avrebbe lanciato operazioni di salvataggio contro tre ONG. Ad aprile, il governo ha violato le norme più severe sul salvataggio in mare. Pochi giorni fa la Guardia costiera italiana ha chiesto apertamente soccorritori privati.
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La verità è che Maloney non è riuscito a trovare una ricetta contro l’afflusso di boat people. L’“Accordo mediterraneo” concluso a fine luglio con il dittatore tunisino Qais Sai, in cui era coinvolta anche la presidente della Commissione europea Ursula van der Leyen, non ha finora sortito alcun effetto, anzi: la Tunisia ha ormai trasformato la Libia in in un paese. Da lì la maggior parte delle navi di profughi partirono per l’Italia. L’accordo con Syed, invece, prevedeva che la Tunisia impedisse l’esodo dei migranti. Finora, il presidente tunisino non ha fatto questo, ma ha invece allontanato i migranti dal Sud Africa al confine senza acqua e cibo, lasciandoli a se stessi nel caldo torrido del Sahara.
Un nuovo ordine per deportare più persone
Inutili appaiono anche gli altri sforzi del governo Maloney per contenere “l’emergenza migratoria” dichiarata ad aprile. Durante la pausa estiva di settembre, il ministro dell’Interno Matteo Piandosi ha annunciato un nuovo decreto che renderebbe più facili e veloci le deportazioni dei migranti. Sembra certo, ma il successo dell’operazione dipende soprattutto dai paesi di origine: sono loro a decidere quanti dei loro connazionali sono disposti a riprendere. Tuttavia, da anni si registra una forte mancanza di cooperazione tra i paesi di origine: delle 107.000 deportazioni ordinate dall’Italia tra il 2018 e il 2021, solo 21.000 hanno potuto essere attuate, circa un quinto. Attualmente l’Italia deporta tra i 5.000 e i 5.500 migranti all’anno.
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